TV: CIRCEO

Vorrei dire tante, tante, anzi tantissime parolacce. Ma mi trattengo. Fino al 1976, quindi neanche tanti anni fa lo stupro non era considerato reato come lo è ora, cioè una veniva stuprata e il lui di turno la faceva franca perchè era  solo contro la morale, pertanto non  si denunciava, ok non lo si fa neanche ora. Ora dirò una cosa antipatica, le donne che  non denunciano  le comprendo, vedono che anche chi ha fatto regolare denunciare stata uccisa e perché? Per le "meravigliosi" lungaggini burocratiche. Le comprendo, ma sono convinta che si debba continuare  a denunciare. 




Detto ciò questo caso  non lo conoscevo neanche un po' in quanto del l975, non ero neanche in programma, anzi forse i miei si dovevano ancora  conoscere o si erano  appena incontrati, visto che la Rai dava questa serie mela sono vista  dopo il caso Elisa Claps, sempre  storia vera.


Vi copio direttamente ciò che si legge nel web, fa già venire i brividi così.

Quando Donatella Colasanti aveva appena diciassette anni, è stata la protagonista di una orribile storia da cui è uscita viva grazie al suo coraggio. Un ragazzo conosciuto pochi giorni prima, la invitò alla sua villa al Circeo, insieme alla sua amica Rosaria Lopez. Sul luogo tremendo c’erano altri due giovani. Entrambe le ragazze, ininterrottamente per tre giorni, dal 29 ottobre al 1 novembre 1975, subirono ogni forma di violenza proprio da tre ragazzi della Roma bene.Rosaria Lopez morì, mentre Donatella Colasanti venne trovata moribonda nel bagagliaio di una macchina, vicino al corpo esanime della sua amica. Salva ma testimone di uno dei massacri più efferati e irragionevoli che l’Italia abbia mai visto, porterà per sempre tatuata sulla sue pelle la bestialità inumana di cui è stata vittima. Di seguito raccontiamo tutta la sua storia dell’orrore.

Tutta la storia di Donatella Colasanti

Donatella Colasanti era nata a Roma nel 1958. Ragazza di origini operaie, vivace e piena di vita, il 29 settembre 1975, incontrò per caso Rosaria Lopez, una sua coetanea, e insieme decisero di andare al mare insieme. Le due ragazze furono avvicinate da Gianni Guido, Angelo Izzo Andrea Ghira, tre giovani romani di buona famiglia che le invitarono a trascorrere la giornata con loro. Rosaria e Donatella accettarono, convinte di trascorrere momenti di svago.

Guido, Izzo e Ghira le accompagnarono in una villa di proprietà della famiglia di Ghira, a San Felice Circeo. Qui, le ragazze furono subito aggredite e picchiate. I tre ragazzi iniziarono a torturarle, infliggendole ferite fisiche e psicologiche. Rosaria Lopez fu sottoposta a torture particolarmente brutali. I tre ragazzi la picchiarono, la violentarono ripetutamente, la bruciarono con sigarette e fiammiferi. La ragazza morì durante le torture, il 30 settembre 1975.

Donatella Colasanti riuscì a sopravvivere, fingendosi morta. Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira caricarono entrambe nel bagagliaio della loro auto, una Fiat 127 bianca, per riportarle a Roma. Qui, le abbandonarono in una strada deserta di viale Pola, nel quartiere romano Trieste.

Che fine hanno fatto i tre ragazzi della Roma bene?

Donatella Colasanti si recò alla polizia e denunciò i tre ragazzi. Izzo e Guido furono arrestati pochi giorni dopo. Ghira riuscì a fuggire all’estero e fu arrestato soltanto quasi vent’anni dopo, nel 1996.

Le indagini sul massacro del Circeo furono affidate ai Carabinieri, che grazie alle deposizioni di Donatella Colasanti ricostruirono la dinamica del crimine. Donatella Colasanti si costituì parte civile contro i suoi carnefici e fu rappresentata dall’avvocato Tina Lagostena Bassi. Diverse associazioni femministe si costituirono parte civile e presenziarono al processo. In primo grado, Izzo e Guido furono condannati all’ergastolo senza alcuna attenuante. Ghira, che era fuggito in Spagna, fu condannato in contumacia.

Ghira morì di overdose nel 1994 a Melilla, in Spagna. Il suo cadavere fu riesumato nel 2005 e identificato mediante esame del DNA. In appello, la sentenza fu modificata per Guido, che fu condannato a 30 anni di reclusione. Guido riuscì a evadere dal carcere nel 1981 e fu catturato due anni dopo a Buenos Aires. In seguito, riuscì a evadere di nuovo e a raggiungere il Libano. Fu catturato a Panama nel 1994 ed estradato in Italia.

Izzo riuscì a evadere dal carcere nel 1993 e fu catturato a Parigi nel 1993. Izzo e Guido furono scarcerati nel 2004, dopo aver scontato 28 anni di carcere.

 Onestamente con certe persone prenderei  chiuderei  la cella e butterei  la chiave, ma credo anche  a chi in carcere diventa una nuova persona quindi sono fiduciosa verso la rieducazione nel carcere, ma non per queste persone. Già al processo gli avvocati della difesa dei tre hanno cercato di mettere in cattiva luce le ragazze. Sono passati anni eppure ogni volta mi sembra di sentire sempre "ma lei lo ha provocato, lei è stata superficiale,  diceva no con la  bocca ma ho  capito che era un sì con il corpo °(per me no è no.) e qui penso che si molte  cose sono cambiate, ma molte devono ancora cambiare:

Direttamente da Wikipedia testimonianzia,processo ed eventi successivi:

Storia[modifica | modifica wikitesto]

I tre responsabili del crimine erano di agiate famiglie romane: Andrea Ghira, ventiduenne, era figlio dell'imprenditore edile e campione olimpico di pallanuoto Aldo GhiraAngelo Izzo, ventenne, era studente di medicina; Giovanni Guido, detto "Gianni", diciannovenne, studiava invece architettura.

Ghira e Izzo avevano precedenti penali: due anni prima del massacro, i due avevano compiuto insieme una rapina a mano armata per la quale avevano scontato venti mesi nel carcere di Rebibbia; Izzo, inoltre, nel 1974 aveva violentato due ragazzine insieme a due amici e perciò era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione, mai scontati a seguito di sospensione condizionale della pena. Ghira dal canto suo si proclamava ammiratore del capo del Clan dei marsigliesi Jacques Berenguer. Tutti e tre i ragazzi erano militanti di movimenti neofascisti[4][5][6].

La torre serbatoio detta "Fungo" dell'EUR, il bar alla base fu luogo di alcuni incontri tra le due ragazze e Gianni Guido con Angelo Izzo

Rosaria Lopez (19 anni, barista) e Donatella Colasanti (17 anni, studentessa) provenivano da famiglie residenti nel popolare quartiere romano della Montagnola. Le due amiche conobbero due dei tre ragazzi nel settembre 1975, pochi giorni prima del crimine, tramite un amico, risultato poi estraneo al massacro, che esse avevano in comune. Egli le invitò a trascorrere un pomeriggio insieme al bar della torre Fungo dell'EUR: nella circostanza presentò loro Izzo e Guido; Rosaria e Donatella presero subito in simpatia i ragazzi, che davano a vedere un habitus garbato e un comportamento irreprensibile.

In occasione di questo appuntamento, rivelatosi innocuo e gradevole, Izzo e Guido proposero a Rosaria, Donatella e un'altra amica, che all'ultimo decise di non unirsi alla comitiva, di incontrarsi di lì a qualche giorno per una festa a casa dell'amico comune, ubicata a Lavinio, frazione di Anzio. Alle 18:20 del 29 settembre, Izzo e Guido, insieme a Rosaria e Donatella, arrivarono a Villa Moresca, una dimora di proprietà della famiglia di Ghira, che non avevano ancora incontrato, che sorgeva sul promontorio del Circeo, in zona Punta Rossa, nel comune di San Felice Circeo in via della Vasca Moresca.

I ragazzi dissero alle amiche che lì avrebbero incontrato un altro amico e che poi si sarebbero recati tutti insieme a Lavinio; dopo qualche ora trascorsa a chiacchierare e ad ascoltare musica, all'improvviso Izzo e Guido cominciarono a fare esplicite avances sessuali alle ragazze, le quali non accondiscesero, provocando una reazione furiosa dei giovani:

«[...] improvvisamente, uno di loro tirò fuori la pistola. Cominciarono a dirci che appartenevano alla banda dei Marsigliesi e che Jacques, il loro capo, aveva dato l'ordine di prenderci in quanto voleva due ragazze [...]»

Per più di un giorno e una notte le due ragazze furono violentate, seviziate, massacrate e insultate dai tre; a Izzo e Guido si era infatti aggiunto Ghira, presentatosi come "Jacques Berenguer, capo del Clan dei Marsigliesi". Nel mezzo delle torture Guido si assentò momentaneamente per cenare a Roma con i suoi familiari, poi fece ritorno al Circeo e si riunì ai suoi amici aguzzini. Le ragazze furono drogate e Rosaria fu trascinata nel bagno al piano superiore della villa dove fu ulteriormente picchiata e infine annegata nella vasca da bagno.

Fatto ciò, i tre tentarono di strangolare Donatella con una cintura e seguitarono a colpirla di prepotenza. In un momento di distrazione degli aguzzini, Donatella riuscì a raggiungere un telefono e cercò di chiedere aiuto, ma fu scoperta e ulteriormente colpita con una spranga di ferro. A quel punto ella si lasciò cadere a terra e si finse morta; credendo di aver ucciso anche lei, gli aguzzini la rinchiusero insieme al cadavere di Rosaria nel bagagliaio di una FIAT 127 bianca. I tre poi partirono alla volta di Roma, intenzionati a disfarsi dei cadaveri.

Donatella riferì che, durante il viaggio di ritorno, i ragazzi ridevano allegramente e ascoltavano musica, facendosi beffe delle malcapitate ragazze:

«Zitti, ché a bordo ci sono due morte»

«Come dormono bene queste»

Arrivati nei pressi della casa di Guido, i tre decisero di andare a cenare in un ristorante ove poi furono coinvolti in una rissa con un paio di giovani militanti comunisti incrociati per caso. Lasciarono dunque la vettura con le due ragazze che credevano morte in viale Pola, nel quartiere romano Trieste.

Non appena gli aguzzini si furono allontanati, Donatella, pur se in preda a choc, iniziò a gridare e a sferrare colpi alle pareti del bagagliaio nel tentativo di richiamare l'attenzione. Alle 22:50, un metronotte si accorse dei rumori che provenivano dalla vettura[8] e allertò una vicina volante dei Carabinieri, che diede l'allarme lanciando il seguente messaggio:

«Cigno, cigno... c'è un gatto che miagola dentro una 127 in viale Pola»

Donatella Colasanti, ancora convalescente, fotografata mentre viene trasportata in ospedale

Un fotoreporter, Antonio Monteforte, ascoltò il messaggio, ne intuì la natura e accorse in via Pola, potendo così fotografare l'apertura del bagagliaio e il ritrovamento di Donatella e del cadavere di Rosaria.[9]

La ragazza superstite fu portata in ospedale, ove le furono diagnosticate diverse ferite gravi e la frattura del naso, con prognosi di oltre trenta giorni, e in aggiunta le torture le avevano cagionato gravissimi danni psicologici, da cui non si riprese mai completamente.

Izzo e Guido furono arrestati entro poche ore, mentre Ghira, messo in allarme da una soffiata, si rese latitante; il mattino dopo i Carabinieri scoprirono la madre e il fratello di quest'ultimo nei pressi dell'abitazione del Circeo e ipotizzarono che Ghira li avesse avvertiti e avesse chiesto aiuto per far sparire eventuali tracce.

Alcuni mesi dopo Ghira scrisse una lettera, intercettata dagli inquirenti, agli amici Izzo e Guido, nella quale assicurava loro che sarebbero usciti presto "per buona condotta" e minacciava di uccidere Donatella qualora avesse testimoniato contro di loro.

Le indagini furono affidate ai Carabinieri, comandati dal maresciallo Gesualdo Simonetti, che anche grazie alle deposizioni di Donatella ricostruirono la dinamica del massacro.

Donatella, costituitasi poi parte civile contro i suoi carnefici, fu rappresentata dall'avv. Tina Lagostena Bassi. Diverse associazioni femministe si costituirono a loro volta parte civile e presenziarono al processo.

Il 29 luglio 1976 arrivò la sentenza in primo grado, che irrogò l'ergastolo senza alcuna attenuante a Izzo e Guido e, in contumacia, a Ghira. Come venne poi appurato, Ghira riuscì a fuggire in Spagna sotto il falso nome di Massimo Testa de Andres, col quale si arruolò nel Tercio (legione straniera spagnola), da cui venne espulso nel 1994 per abuso di stupefacenti. Stabilitosi a vivere a Melilla, exclave iberica in territorio marocchino, vi morì di overdose nello stesso anno e venne sepolto nel locale cimitero[11]. La vera identità della sepoltura a nome Massimo Testa de Andres venne intuita solo nel 2005: nel dicembre di quell'anno il cadavere fu riesumato e identificato mediante esame del DNA come appartenente a Ghira.

Alcuni familiari delle vittime e la stessa Donatella tuttavia non riconobbero le conclusioni della perizia, sostenendo che le ossa esaminate appartenessero a quelle di un parente di Ghira. Tale ipotesi trova tuttavia come unico (non certo) riscontro una foto scattata dai carabinieri a Roma nel 1995, che ritrae un uomo fisicamente simile a Ghira che cammina in una zona periferica della città[12]. Nel 2016 una nuova perizia confermò che i resti erano di Ghira.

Nella loro cella nel carcere di Latina, Izzo e Guido avevano appeso un grosso striscione formato stadio, ove campeggiava la scritta "Corso Trieste 1972 - La Vecchia Guardia"[10]. Nel gennaio 1977 presero in ostaggio una guardia carceraria e tentarono di evadere dal carcere, senza successo.

Gianni Guido (a sinistra) e Angelo Izzo durante il processo

La sentenza fu modificata in Appello il 28 ottobre 1980 per Guido e ridotta a trenta anni, dopo la dichiarazione di pentimento e l'accettazione da parte della famiglia della ragazza uccisa di un risarcimento, mentre fu confermato l'ergastolo per Izzo e Ghira.

Guido riuscì pochi mesi dopo a evadere dal carcere di San Gimignano il 25 gennaio 1981 e fuggì a Buenos Aires, dove fu riconosciuto e arrestato, poco più di due anni dopo[13][14]. In attesa dell'estradizione, il 17 aprile 1985 riuscì ancora a fuggire e a raggiungere il Libano. Nell'aprile 1994 fu di nuovo catturato a Panama, dove si era rifatto una vita come commerciante di autovetture, ed estradato in Italia, dopo la sua espulsione del 31 maggio 1994[15].

Izzo il 25 agosto 1993, approfittando di un permesso premio, si allontanò dal carcere di Alessandria e riuscì a espatriare in Francia. Venne poi catturato a Parigi a metà settembre ed estradato in Italia.

Eventi successivi[modifica | modifica wikitesto]

Donatella Colasanti, per il resto della sua vita, rilasciò diverse interviste in cui raccontò la sua terribile storia. Nel 1997 affermò di aver ricevuto delle telefonate minatorie e di volere per questo Izzo in isolamento[16].

Nel novembre del 2004, nonostante la condanna pendente, i giudici del tribunale di sorveglianza di Palermo decisero di concedere a Izzo la semilibertà; costui cominciò a beneficiarne a partire dal 27 dicembre. Una volta in libertà, il 28 aprile 2005, rapì e uccise con un complice due donne, Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni), rispettivamente moglie e figlia di Giovanni Maiorano, un pentito della Sacra Corona Unita che Izzo conobbe in carcere a Campobasso, condannato all'ergastolo per aver decapitato nel 1990 il 17enne Cristiano Mazzeo a causa di debiti di droga[17]. Le vittime furono legate e soffocate e infine sepolte nel cortile di una villetta a Mirabello Sannitico (CB), nella disponibilità della famiglia di Guido Palladino, segretario della associazione "Città futura"[18]. Fu accertato, dopo vari esami autoptici, che la ragazza non subì violenza sessuale. Questo nuovo fatto di sangue scatenò in Italia roventi polemiche. Il 12 gennaio 2007 Izzo fu di nuovo condannato all'ergastolo per duplice omicidio premeditato, condanna confermata anche in appello.

Donatella Colasanti, in occasione dell'omicidio della famiglia Maiorano, affermò che qualcuno avrebbe dovuto assolutamente pagare per aver permesso a Izzo la semilibertà. Donatella morì il 30 dicembre 2005, all'età di 47 anni, a Roma per un tumore al seno, ancora duramente sconvolta per la violenza subita trenta anni prima. Avrebbe voluto assistere al nuovo processo contro Izzo[19]. Le sue ultime parole furono "Battiamoci per la verità".[20]

L'11 aprile 2008, dopo ulteriori 14 anni di carcere, Guido fu affidato ai servizi sociali: il 25 agosto 2009, fruendo di uno sconto di pena grazie all'indulto, fu rimesso in libertà[21][22]. Letizia, sorella di Rosaria, reagì negativamente a tale circostanza, lamentando in particolare i lunghi periodi di latitanza all'estero di Guido, l'assenza di segni di pentimento da parte sua e non giudicando sufficientemente rigoroso il suo regime di detenzione.[14]

Nel 2020 la casa di Donatella Colasanti è divenuta un centro antiviolenza[23].


Poi mi vengono a dire dovrei  dare una possibilità....bhè non sempre!!!


A fine serie ci sono poi gli scritti inerenti all'epilogo delle vite dei protagonisti e io pensavo che fosse cambiata lal legge e lo stupro fosse diventato reato verso  la persona subito  dopo i  processi. E invece no è diventata legge SOLO nel 1966.

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